È ormai lontano il tempo in cui la biancheria intima era ad appannaggio di ricamatrici e sarte che la confezionavano. Oggi, oltre ai fondamentali della produzione, bisogna dotare il comparto della componente digitale per stare in questo mercato, affidandosi a ingegneri informatici ed esperti di big data. Questo mercato, in cui l’Italia è tradizionalmente uno dei leader, è appunto decisamente strategico e redditizio per perderne quote: il mercato italiano dell’intimo ha, infatti, un giro d’affari di 4,5 miliardi di euro, con oltre 16 milioni di clienti fidelizzati e un potenziale di crescita di 10 milioni di utenti. Tale margine, però, rischia di essere compromesso, visti gli estremi della situazione attuale causata dalla pandemia di Covid-19. Come confermato dai dati di Confcommercio e Federmoda, il settore dell’intimo, di concerto con quelli di accessori, calzature, abbigliamento e tessile per la casa sono le categorie maggiormente interessate da uno sviluppo rallentato dato dall’emergenza globale. Come per molti altri comparti, l’ancora di salvezza anche in questo caso è rappresentata dal digitale, che però è scarsamente presente in un mondo ancora molto analogico come quello dell’intimo. I numeri, infatti, parlano chiaro mettendo in risalto come su oltre 8.000 punti vendita attivi nel segmento dell’intimo, il 90% non risulta informatizzato, con conseguenze importanti per tutto il settore. Nello specifico, il settore ha bisogno di essere ripensato integralmente in ottica di trasformazione digitale, che predisponga una complementarietà tutte le parti della produzione, oltre che del customer journey dei clienti. In particolare nella parte retail, bisogna prospettare un percorso di digitalizzazione omnicanale, dagli store 5.0 all’eCommerce, con un approccio al cliente finale tailormade e studiato su “misura” sulle singole esigenze.