La nuova stretta contro il Coronavirus mette in ginocchio il retail. Il nuovo Dpcm, firmato nella notte tra il 3 e il 4 novembre dal presidente del consiglio Giuseppe Conte e in vigore da venerdì, di fatto non fermerà le attività produttive della filiera fashion italiana in nessuna regione, ma sarà un brusco stop per la distribuzione, specialmente quella del Nord.

L’Italia, fino almeno al 3 dicembre prossimo sarà divisa in tre zone, con quella cosiddetta rossa di rischio 4 in cui è destinata ad entrare la Lombardia, oltre a Piemonte, Valle d’Aosta e alla Calabria, e dove per almeno 15 giorni verranno chiusi i negozi al dettaglio, tranne quelli di generi di prima necessità.

Se nessuna ulteriore restrizione è prevista per l’area verde, anche in quella arancione a rischio 3 sono comunque vietati gli spostamenti in un comune diverso da quello di residenza tranne che per comprovate esigenze di lavoro, studio e salute, con un sicuro impatto negativo sui consumi di moda. Dovrebbero rientrare in questo cluster Campania, Puglia, Veneto, Liguria, con la decisione sulla singola collocazione che spetta al ministro della Salute. Inoltre, su tutto il territorio nazionale è prevista la chiusura nelle giornate festive e prefestive dei negozi nei centri commerciali.

Le nuove restrizioni complicano ulteriormente un quadro già grave per i negozi fashion che, come ha affermato il presidente di Federazione moda Italia-Confcommercio, Renato Borghi: «In questo periodo hanno contratto solo debiti. Sono sotto gli occhi di tutti i gravi danni subiti dai negozi di moda che vivono di collezioni stagionali, ordinate anche otto mesi prima dell’arrivo dei prodotti in store e che hanno investito centinaia di migliaia di euro in merce che, a questo punto e con ogni probabilità, resterà ferma».

Il calo stimato durante l’anno dall’associazione per le 115mila imprese del comparto è pari al 50%. E con il nuovo Dpcm, si prevede una perdita complessiva di oltre 20 miliardi di euro di consumi nel solo dettaglio moda a fine anno, con la chiusura definitiva di 20 mila negozi in Italia e conseguente ricaduta sull’occupazione di almeno 50 mila addetti. Tra i commercianti c’è rabbia anche per la confusione con cui è stata gestita questa fase a livello centrale.

«Non si può arrivare alla vigilia dell’entrata in vigore senza sapere chi dovrà chiudere e chi no. I nostri associati ci chiamano chiedendoci: cosa dobbiamo fare domattina?», ha aggiunto poi Massimo Torti, segretario generale di Federazione moda Italia.